ELEGANZA, VELOCITA’ E LUSSO
"Ascesa e caduta della dea alata": si può tranquillamente intitolare così la storia della Isotta Fraschini, storia in cui velocità, lusso e competizioni sportive sublimano.
Come tutte le cose belle, però, si arriva ad un punto in cui tutto finisce e a sopravvivere è solo un bel ricordo di quello che fu. E la bellezza è solo una delle tante caratteristiche che hanno accompagnato la storia della “dea alata” e delle sue automobili.
Automobili che sono diventate delle vere e proprie leggende in tutto il mondo proprio grazie alla bellezza, al fascino, all’eleganza, alla sportività e al lusso: tutti elementi che consegnano alla storia il marchio italiano come uno dei più famosi per la produzione di vetture prestigiose. Stile che cattura l’attenzione di numerosi amanti delle belle auto e che preferiscono il marchio italiano a quelli di Bugatti, Hispano Suiza e Rolls Royce, alcuni dei marchi di automobili più lussuosi disponibili a quei tempi sul mercato. Ma come nasce la magia delle vetture con la “dea alata” sul cofano?
La Società Milanese Automobili Isotta, Fraschini e C. nasce a Milano il 27 gennaio del 1900 grazie a Cesare Isotta e ai fratelli Vincenzo, Oreste e Antonio Fraschini: i fondatori danno il nome a quella che sarebbe diventata presto una delle marche di vetture più richieste al mondo. La società nasce con l’intento di diffondere l’utilizzo dell’automobile mediante la vendita tanto che il motto della neo società è “importare, vendere e riparare automobili”.
Difatti prima di dar vita ad una propria automobile, i soci fondatori iniziano la loro avventura nel mondo delle auto occupandosi dapprima della vendita di vetture Renault con motore De Dion e successivamente dell’assemblaggio delle stesse vetture francesi. Poco a poco sia Isotta che i fratelli Fraschini si trovano a gestire una gamma di ben tre modelli da assemblare e vendere: una vettura con motore Aster da 669 cm³, un’altra vettura dotata di un motore De Dion di 785 cm³ ed una vettura bicilindrica con propulsore di 2.251 cm³. Col passare del tempo l’esperienza dei soci nella costruzione di vetture e nella conoscenza dei motori aumenta e così nel 1903 la fabbrica italiana da’ vita al suo primo modello, la 24 hp, progettato e costruito con meccanica completamente originale. L’artefice di questo salto di qualità è il progettista Giuseppe Stefanini che dota il nuovo modello di automobile di un motore quattro cilindri, anch’esso costruito in proprio. Già l’anno successivo, nel 1904, la gamma di modelli Isotta Fraschini può contare su ben tre modelli: la 12 hp, la 16 hp e la 24 hp.
Nel 1905, Stefanini si avvale, come assistente, del giovane ingegnere Giustino Cattaneo per dar vita alla “Tipo D”, una vettura concepita per le competizioni automobilistiche e dotata di un motore da ben 100 hp che partecipò alla Coppa Florio dello stesso anno. Lo stesso Cattaneo prende presto le redini della Isotta Fraschini diventandone subito il direttore tecnico.
Nel 1907, in seguito ad un accordo precedente che prevede la partecipazione dell’azienda automobilistica francese Lorraine-Dietrich al capitale azionario della Isotta Fraschini, la compagnia d’oltralpe acquisisce i diritti per la produzione di 500 telai della fabbrica italiana: questa mossa da’ un forte impulso alla produzione e ad una maggiore conoscenza della Isotta Fraschini al di fuori dei confini nazionali. Sull’onda di questo impulso Stefanini progetta nel 1908 la “Tipo FE”, un’automobile innovativa dotata di un motore di 1.207 cm³ e con la distribuzione ad albero a camme in testa. In questi anni le Isotta Fraschini volano sulle strade di tutto il mondo: negli Stati Uniti una vettura della casa milanese stabilisce il record di velocità media di 105 km/h! Non meno veloce si rivela la “Tipo KM” del triennio 1911-1914, un’automobile sportiva tra le prime al mondo ad essere dotata addirittura di freni sulle ruote anteriori progettati da Oreste Fraschini. Alla “KM” segue la “Tipo TM” del 1912, l’ultima Isotta Fraschini a montare motori con albero a camme in testa e l’ultima vettura prodotta prima dell’inizio del primo conflitto mondiale.
Proprio durante la prima guerra mondiale, così come avviene per altre aziende automobilistiche, l’Isotta Fraschini diversifica la sua produzione cominciando a produrre anche camion e rimorchi, oltre che motori per mezzi militari destinati ai soldati ma questo non serve ad evitare una profonda crisi economica post bellica in cui cadono anche altre numerose fabbriche automobilistiche. A risollevare le sorti dell’azienda italiana, orfana ormai anche del fondatore Oreste Fraschini, ci pensa il conte Lodovico Mazzotti che da’ nuovo lustro alle vetture italiane con la complicità tecnica dell’ingegner Cattaneo che ormai è diventato il nuovo progettista capo dell’azienda. Andando controcorrente, i nuovi responsabili dell’Isotta Fraschini prendono una decisione coraggiosa: concentrare tutta la produzione su un unico modello di auto di gran lusso e metterla in commercio al prezzo esorbitante di un quarto di milione di lire, l’equivalente di ben sette Rolls Royce! E’ così che nel 1919 viene presentata la “Tipo 8”, la prima automobile costruita in serie ad essere dotata di un grosso motore ad 8 cilindri in grado di fornire prestazioni estremamente valide sia su strada che su pista.
Non a caso un giovane Enzo Ferrari in qualità di “corridore” sceglie la marca milanese per disputare tre corse: la Parma – Poggio di Berceto, il Circuito del Mugello e la Coppa della Consuma. Ma la “Tipo 8” non è solo potente: è anche estremamente lussuosa. Ormai le Isotta Fraschini stanno diventando il punto di riferimento tra le automobili in fatto di eleganza, velocità e lusso. La “Tipo 8” e le sue successive versioni come la “Tipo 8A” da 120 cv del 1924, la più sportiva “Tipo 8A SS” (dove SS voleva dire Super Spinto) da 150 cv del 1926 e la “Tipo 8B” da 150 cv del quinquennio 1931-1936 ben presto diventano le auto più desiderate al mondo.
Possedere una Isotta Fraschini significa possedere una vera e propria opera d’arte: i principali rappresentanti delle case reali di quel tempo, zar, politici importanti e personaggi del mondo dello spettacolo si mettono letteralmente in fila per avere una Isotta Fraschini nel proprio garage. In Italia molte personalità dello spettacolo legano il loro nome a quello della Isotta Fraschini: il Duce Benito Mussolini il 7 settembre 1927 acquista una “8A” con telaio 1.408; l’ultimo Re d’Italia, Umberto di Savoia, ordina una coupé De Ville che rappresenta il modello più esclusivo e costoso; il celebre attore Rodolfo Valentino, invece, non accontentandosi di una, ordina ben due coupé De Ville. Nel maggio del 1929 la Reale Automobile Club d’Italia di Milano regala addirittura una Isotta Fraschini anche a Papa Pio XI. Tutte le personalità più in vista non si dimostrano immuni al fascino delle Isotta Fraschini, fascino cui non sa resistere neanche il poeta Gabriele d’Annunzio, grande appassionato di belle auto e della velocità. L’automobile è per il poeta pescarese uno dei mezzi di trasporto cui maggiormente è legato: l’auto è un’esaltazione del suo superuomo e della velocità oltre che della bellezza. Ne è testimone una lettera che il poeta scrive all’onorevole Prospero Gianferrari della Isotta Fraschini riguardo la sua vettura personale (soprannominata “Papessa” in virtù dei colori bianco e gialla) in cui dice: “Carissimo Prospero, la grande macchina viene a riverire e a gratulare il suo genial creatore. La Papessa è ormai ammirata in ogni parte e acclamata dalle folle in ogni via… Ma alla potenza del motore talvolta non risponde l’impeto pronto della velocità. Forse mi sarà utile che tu esamini ogni congegno perché tanta magnificenza è degna della massima perfezione”. La vettura in questione è una “Tipo 8B” con telaio 1410 che, nonostante la critica di d’Annunzio, è in grado di raggiungere la velocità di 150 km/h. L’amore di d’Annunzio per la velocità è di dominio pubblico, tanto che l’ultima fiamma del poeta, la Contessa Evelina Morasso Scapinelli scrive così in una lettera: ”Gabri, si sta allestendo per te una nuova macchina. La grossa e ben pasciuta Papessa si sente indegna di te, non va più. E’ necessario per te un nuovo, poderoso ordigno, lucente ed aereodinamico il quale sappia condurti a San Zeno in 25 minuti.”
Non vi è dubbio che gli anni ’20 sono quelli di maggior splendore per il marchio di lusso italiano che, purtroppo, nel 1929, anno del crollo della borsa di New York, è costretto a svalutare il proprio capitale sociale fino a 9 milioni di lire, quando nel 1924, a titolo di paragone, era di ben 60 milioni di lire. Ormai gli Stati Uniti non rappresentano più quello che negli anni precedenti è stato il mercato più florido per l’Isotta Fraschini che quindi si trova ad affrontare un improvviso tracollo finanziario nonostante gli innumerevoli sforzi pubblicitari e commerciali attuati per evitare il peggio. Il conte Mazzotti prova a vendere l’Isotta Fraschini instaurando una trattativa con Henry Ford, capo dell’omonima fabbrica di automobili: la trattativa è lunga ed estenuante e nel 1930 l’accordo sembra vicino con Mazzotti sempre più deciso a cedere il pacchetto di maggioranza e Ford convinto di aumentare la produzione delle auto di lusso sia ampliando la fabbrica esistente e sia costruendo nuovi impianti. Tuttavia l’accordo sfuma per opera di Giovanni Agnelli che, non vedendo di buon occhio la venuta in Italia di un costruttore straniero, incontra i responsabili del Governo al fine di non permettere l’ingresso di Ford in Italia. A Henry Ford non rimane che ritirarsi dall’affare e l’Isotta Fraschini perde una grande occasione per svilupparsi dopo la grande crisi.
Nel 1933, l’ingegnere Giustino Cattaneo lascia l’azienda che nel frattempo è entrata a far parte del Gruppo Caproni in seguito all’ingresso nel capitale sociale di Giovanni Battista Caproni (ingegnere, aeronautico, imprenditore e pioniere dell’aviazione italiana) il quale decide, drasticamente, di cessare la produzione della seconda versione della “Tipo 8”. Durante la seconda guerra mondiale, come molte fabbriche automobilistiche, l’Isotta Fraschini diversifica la produzione e si dedica principalmente alla produzione di autocarri per l’esercito italiano, motori aeronautici e marini. E’ solo dopo il secondo conflitto mondiale che l’azienda milanese ricomincia a costruire automobili di lusso: Fabio Luigi Rapi, designer di automobili, Alessandro Baj, progettista, e Aurelio Lampredi, ingegnere meccanico, danno vita nel 1947 alla 8C Monterosa, una vettura di prestigio dotata di un motore V8 di 3.400 cc montato posteriormente e di un pianale portante. E’ però una nascita infelice: la guerra appena conclusa ha lasciato numerosi strascichi, l’Isotta Fraschini cade in un’altra profonda crisi e non ci sono i finanziamenti necessari per iniziare la produzione della nuova autovettura.
Il 25 febbraio 1948 l’azienda è messa in amministrazione controllata dal Fondo per il Finanziamento dell’Industria Meccanica che altro non è che il principale creditore dell’Isotta Fraschini. E’ solo l’inizio della fine: infatti il 24 settembre 1949, l’Isotta Fraschini termina definitivamente la sua produzione automobilistica. Da quel giorno il celebre marchio di automobili di lusso passa di mano molte volte: nel 1962 gran parte del pacchetto azionario passa all’Efim (Ente autonomo di gestione per le partecipazioni statali del fondo di finanziamento dell’industria meccanica) e in un secondo momento alla Finmeccanica per poi essere acquistato dall’Iri nel 1979. Alla fine degli anni ottanta il marchio Isotta Fraschini viene accorpato a quello di Fincantieri fino al 1993, anno in cui l’imprenditore piemontese Giuliano Malvino rileva il nobile marchio con l’intento di farlo risorgere e riportarlo agli antichi splendori.